BTO 2011, overview e pensieri in libertà


Grazie all’ottimo servizio offerto di Live streaming, sono riuscito a seguire alcuni degli interventi che mi ero prefissato di vedere nella mia unica giornata di possibile partecipazione al Buy Tourism Online del 2011.
In prima battuta confermo le opinioni positive sull’evento: ben organizzato, ottimi ospiti, argomenti interessanti (e ne ho mancati diversi potenzialmente altrettanto interessanti) e ne sono uscito – virtualmente – pure contento per la rispondenza dei programmi della mia azienda a quanto ho sentito raccontare.
Dopo di che, alcune riflessioni su un feeling generale che ho avuto durante l’ascolto di tutti gli interventi, feeling lì per lì indefinibile e sul quale ho dovuto ragionare un po’.
Lo esterno con l’unico obiettivo di cercare di essere costruttivo e non semplicemente critico, cosa che peraltro sarebbe inutile (e dannosa per me stesso) visto il successo dell’iniziativa.

Dopo aver sedimentato le nozioni ed i commenti ascoltati, ho razionalizzato che quello strano feeling derivava da un dubbio sulla genesi, l’identità, lo sviluppo, l’auto posizionamento dell’evento stesso. Non ci sono dubbi sul fatto che internet, la rete e tutto ciò ad essa connesso sia fondamentale per il futuro del mondo imprenditoriale in genere e del turismo in particolare. E non ci sono dubbi che BTO nasca per essere focalizzato su ciò, ma la sensazione di base è di un’eccessiva convinzione della centralità del web rispetto a qualsiasi cosa, dimenticando ciò che in realtà il web è: un nuovo (semi-nuovo, meglio) e fondamentale canale di accesso al mercato e un semi-nuovo e fondamentale strumento di comunicazione con il mercato stesso. Ma non l’unico, anzi, anche nel turismo è un dato di fatto che il web sia un canale in crescita ma ancora distante dall’essere leader fra i canali di vendita (senza voler entrare nella polemica di ciò che è davvero e-commerce e ciò che è comunicazione web e vendita off-line).
Se però si parte dall’autostima sulla centralità di ciò di cui si è esperti o si vuol discorrere, allora si rischia poi di chiudere la mente all’interno di canali di ragionamento che scontano inevitabilmente uno degli errori più comuni nel management di impresa: l’assenza di vision, ma quella vera, a 360°.
Con questa premessa, se vera e non voluta, è inevitabile che l’output abbia quella vena di tribalismo di partenza (vedi ancora l’uso della definizione di OLTA, ormai obsoleta nel suo concetto di base), mancando invece alcuni argomenti che mi sarei aspettato: come con il web si sta trasformando il business system del turismo (spostamento e cannibalismo delle varie fasi)? Come il web trasforma lo scaffale in termini di ampiezza e profondità di gamma? Come si gestisce la riduzione delle marginalità nel passaggio di valore della catena, particolarmente forte in questo canale? Come sarà l’evoluzione dell’advertising fra i media tradizionali e il grande mondo social-web? (perché è inevitabile che ci dovrà essere un assestamento: oggi il tradizionale rimane il più efficace in termini di utenti immediati e memorizzazione del messaggio, ma il costo non è più sostenibile ed è in trasformazione. Forse più interessante che continuare a parlare di notorietà sul web).
E ancora: come il web gestisce le differenze enormi fra mercati contigui quali, nel turismo, Germania e Italia, ma dal punto di vista dei players del settore? Il web rallenta o accelera il consolidamento/globalizzazione dell’offerta? La gestione del pricing sui gruppi d’acquisto non può essere sostenuta su grandi quantità, perché le promozioni sono necessariamente una quota parte del tutto, non consentendo al di sopra di questa quota parte di raggiungere il punto di pareggio; dov’è il punto di equilibrio fra on-line, off-line e gruppi di acquisto? Come la PCI compliance potrà influenzare lo sviluppo del web nell’immediato futuro e quanti sono davvero compliant con la nuova normativa? ecc. ecc.
Seguendo sempre il filo conduttore del ragionamento che parte da un feeling tribale, c’è ancora un altro aspetto che mi è mancato ed è la vision del futuro dello stesso canale di cui stiamo parlando. Credo che la gioventù di questo canale, specialmente nei suoi segmenti di “social networking”, sia un dato di fatto, così come è un dato di fatto la velocità di evoluzione della tecnologia. L’insieme di questi due fattori non può non far riflettere sul fatto che in un futuro più o meno lontano, dove per lontano si parla di pochi anni, il Web si dovrà stabilizzare e non è detto che le regole di funzionamento attuali rimangano valide. Nessuno (sorry, di quelli che ho sentito) ha provato ad uscire da un percorso influenzato dalla centralità e immortalità del canale as is or as it will be con le stesse fondamenta attuali. Certo, si è parlato di mobile ma la sua importanza è conosciuta già da tempo, ciò che non si sa è quanto il mobile integrerà la fisicità nell’acquisto dei servizi (es. mobile as is o mobile come strumento di dialogo con gli operatori del brand di distribuzione preferito? E, in questo secondo caso, chi sosterrà i costi dei chat center?).
Molto si è sentito invece su temi che sono in realtà vecchi e consolidati ma semplicemente riapplicati a un canale e una tecnologia nuova. La cara vecchia Signora Maria che a me vendeva la focaccia certi principi di base del marketing e del customer care li applicava d’istinto, perché conosceva per filo e per segno tutti i suoi clienti e per ognuno aveva il prodotto giusto, compresa la cioccolata alla cannella come rimedio specifico per qualsiasi disturbo (vi ricordate Chocolate? gran film, ndr). Per questo alcuni dei temi trattati e lanciati come gran rivoluzioni di marketing mi lasciano un po’ perplesso sulla loro reale consistenza o sulla loro più probabile vicinanza ai famosi specchietti per allodole (o piccioni), al pari dell’assenza di ciò di cui chiunque gestisca un’Azienda ha bisogno: Vision, Vision e ancora Vision. Ma vera, senza tribalismi.
Insomma, come vedete da discutere ci sarebbe molto e non è questo lo spazio adatto; posso solo concludere dicendo che vale comunque la pena di partecipare a BTO, ma a patto che lo si faccia, come sempre dovrebbe essere, con mente aperta e con grande spirito critico, in modo da vedere le tribù per quello che sono e comprendere bene il valore aggiunto e l’esperienza che possono dare.

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